GIACOMINI FA I CONTI COL PASSATO: “IL CIVITAVECCHIA? NULLA CANCELLERA’ MAI L’AMORE PER QUELLA MAGLIA”

GIACOMINI FA I CONTI COL PASSATO: “IL CIVITAVECCHIA? NULLA CANCELLERA’ MAI L’AMORE PER QUELLA MAGLIA”

Chi non lo ha visto giocare non sa cosa si è perso.

Marco Giacomini è stato per anni un colosso, uno di quei difensori centrali che fanno la differenza, sia tecnicamente che mentalmente.

Protagonista di un calcio che va inesorabilmente chiudendo quella che, a detta di molti addetti ai lavori, è stata una delle epoche più fulgide dei nostri campionati dilettantistici, l’ex capitano del Civitavecchia ha ormai definitivamente appeso gli scarpini al chiodo da qualche mese.

Colpa di un ginocchio che ha deciso di cedere nuovamente dopo una lunga e faticosa rieducazione.

Giacomini, però, non si è smarrito.

Altri al posto suo si sarebbero perduti d’animo, maledicendo ogni giorno la sorte ingrata.

Lui no.

Nella passata stagione si è seduto in panchina accanto a Persia a Pomezia, mentre quest’anno ricopre lo stesso ruolo a Monterotondo, dove ha trovato in Fiocchetta numerose affinità su come intendere ed interpretare il calcio.

In una breve pausa di lavoro lo abbiamo sentito e subito abbiamo riconosciuto le virtù che già ci erano note, quando comandava la linea in campo oppure si caricava sulle spalle le responsabilità di una sconfitta al cospetto della Curva Mare o della gradinata del Fattori.

Quelle virtù che fanno la differenza tra uno normale ed uno speciale.

Come Giacomini.

 

Marco, ormai hai voltato pagina.

Come ti trovi nel nuovo ruolo?

“Il campo mi manca molto.

Credo sia naturale, quando dedichi al calcio una fetta importante della tua vita.

Purtroppo ho smesso non perchè abbia deciso consapevolmente di farlo, ma perchè costretto.

Questo è il rammarico principale.

Ora però devo guardare in faccia la realtà ed andare avanti”.

Che effetto ti fa guardare i ragazzi dall’altra parte della barricata?

“Mi fa un certo effetto sentire i più giovani di loro chiamarmi mister, anche perchè il patentino non l’ho ancora preso e dunque è una qualifica che in realtà non mi spetta.

Io cerco di trasmettere loro un po’ dell’esperienza accumulata in tante stagioni, sperando che possa tornare loro utile in campo”.

Una stagione al fianco di Persia ed un’altra, appena cominciata, accanto a Fiocchetta.

Quali differenze hai notato tra i due?

“A mio giudizio, Persia è un allenatore che bada di più al sodo, al risultato.

Il suo è un modello più all’antica, per intenderci.

Fiocchetta, invece, ha una visione più propositiva del calcio.

Lui non si cura troppo dell’avversario, le partite vuole giocarsele e basta.

Filosoficamente è molto simile a Punzi”.

Era il tuo obiettivo diventare allenatore un giorno?

“A dire il vero, quando giocavo, pensavo più ad un futuro come direttore sportivo.

Un ruolo, peraltro, che sta sempre più scemando nel nostro calcio.

Adesso do una mano al mister, ma non penso nell’immediato al corso per diventare allenatore.

Tra l’altro, per motivi di lavoro non avrei neppure il tempo di frequentarlo”.

Ogni domenica il calcio ti mette nelle condizioni di ritrovare tanti amici e colleghi sui campi della nostra regione.

Cosa ti dicono, quando ti vedono?

“Tre sono qui in squadra a Monterotondo.

Brancati è stato mio compagno all’Albalonga, mentre Del Prete e Palmerini me li trovai di fronte da avversario in un Fonte Nuova-Civitavecchia in cui feci gol.

Loro tre dicono sempre ai più giovani: “Lo vedi quello là? Quello era proprio forte”.

Io sorrido, però poi non lo so mica se i ragazzini ci credono.

Qualche partitella in famiglia me la concedo ancora comunque.

Magari qualche qualità si intravvede ancora (ride)…”.

Tra i difensori attualmente in attività nel massimo campionato regionale ne esiste uno in cui ti rivedi per caratteristiche?

“Dico Martinelli.

Stefano è un centrale fortissimo ed anche molto sottovalutato, a mio giudizio.

Ha delle grandi dote fisiche ed una notevole esuberanza, che a volte lo porta ad eccedere.

Quello è il suo unico limite”.

Quando un giocatore smette, qualche rimpianto affiora.

Qual è il tuo?

“Non amo vivere sui se e sui ma.

Forse, se avessi avuto una testa diversa quando ero nella Primavera della Sampdoria, la mia carriera avrebbe potuto prendere una piega differente.

Tutto sommato, però, va bene così.

Sono orgoglioso di essere stato un giocatore importante tra i dilettanti e di non aver mai fatto panchina.

Il tutto senza mai scendere a compromessi”.

Ogni difensore ha una bestia nera.

Quando eri protagonista in campo, qual era  l’attaccante cerchiato in rosso sul calendario del campionato?

“Ho affrontato tanti ottimi giocatori e sarebbe riduttivo fare solo un nome.

Ne ho in mente tre, posso?”.

Concesso.

“Quelli che mi davano più fastidio erano Giacomo Galli, Stefano Antonelli e Salvatore Ottobre.

Galli aveva una notevole fisicità e saltava come pochi.

Non era uno tenero, però era leale: le dava e le prendeva, senza batter ciglio.

Antonelli era invece l’astuzia in persona.

Magari lo domavo per novanta minuti, poi improvvisamente si accendeva e ti rovinava la giornata.

In un Anziolavinio-Civitavecchia di qualche anno fa è accaduto proprio questo: non gliel’ho fatta mai vedere per tutta la partita, poi ad un minuto dalla fine si è coordinato ed in rovesciata ha spedito la palla sotto il sette”.

E di Ottobre che ricordi hai?

“Era un attaccante completo e molto difficile da marcare.

Ho vivo il ricordo di quando me lo trovai di fronte una dozzina di stagioni fa.

All’epoca giocava nella Viribus Unitis”.

Rispetto a quei tempi in molti ritengono che il livello medio dei campionati si sia notevolmente abbassato.

Sei d’accordo?

“Sì, e le cause sono riconoscibili.

In primis, la crisi economica che si riflette anche sul nostro calcio.

In seconda battuta, però, punto l’indice anche contro i troppi personaggi che andrebbero letteralmente banditi dal nostro ambiente e contro quella che è stata per tanti anni la mia categoria”.

E’ opinione diffusa che i calciatori siano spesso protagonisti passivi nel nostro ambiente.

“E’ verissimo e la colpa è solo nostra.

Il nostro mondo è pieno di storie di mancati rimborsi e di giocatori che si accontentano di cifre minime, pur di non restare a spasso.

Anni fa, io ebbi il coraggio di denunciare una brutta storia che mi era accaduta a Pisoniano, rischiando pure di essere isolato dall’ambiente.

Bisogna correre dei rischi per modificare la situazione attuale”.

Forse servirebbe più tutela da parte della federazione…

“Io credo che l’AIC ci metta a disposizione gli strumenti per essere garantiti.

Penso al famoso contrattino da 7.500 euro annui, ma poi i calciatori preferiscono altre vie o le società nicchiano…”.

Torniamo al calcio giocato.

Domenica avete centrato una vittoria di prestigio al Bachelet contro il Trastevere.

“Abbiamo disputato una partita emotivamente importante, rimanendo concentrati fino alla fine.

E’ vero che loro all’ultimo minuto di recupero avrebbero potuto pareggiare, però non credo che abbiamo rubato nulla”.

Loro sono considerati una delle favorite del torneo.

Che impressione le hanno fatto?

“Hanno giocatori importanti per questa categoria ed un allenatore capace come Pirozzi che ho avuto a Civitavecchia.

Onestamente però mi hanno deluso.

Li ho trovati un po’ opachi.

Mi aspettavo una squadra dallo spessore diverso”.

Molti credono che si andrà incontro ad un campionato equilibrato come forse mai è accaduto in passato.

Tu come lo immagini questo Girone A?

“Io penso che il budget delle varie società si sia notevolemente abbassato rispetto a qualche stagione fa e questo ha portato giocatori come Travaglione o Artistico, tanto per citare un paio di nomi, a giocare in Eccellenza.

Vedo cinque, sei squadre attrezzate per il titolo.

La mia personale favorita è il Real Monterosi.

Un gradino sotto colloco Trastevere e Ladispoli”.

Domani c’è la coppa: voi ripartirete dall’1-1 dell’andata contro l’Almas, che però avrà il vantaggio di giocare in casa.

Ci credete alla qualificazione?

“Sarebbe folle il contrario.

Noi andremo a Ciampino per giocarcela e fare la prestazione.

Poi, come sempre, sarà il campo il giudice inappellabile”.

Questa l’ho già sentita.

“E’ una frase di Punzi.

Spero non si offenda, se la prendo in prestito (ride)…”.

Domenica vivrai un appuntamento speciale: al Cecconi arriverà il Civitavecchia.

Che effetto ti fa ripensare a quella casacca nerazzurra?

“Sono contento di non affrontarli da giocatore, perchè altrimenti sarebbe stato pesante dal punto di vista emotivo.

Due maglie porto nel cuore: quella del Civitavecchia e quella del Terracina.

A quelle due squadre penso di aver dato tanto, ma probabilmente ho ricevuto anche di più”.

Ti aspetti qualcosa di particolare dai tifosi nerazzurri che verranno a Monterotondo?

“No, non credo che ci sarà qualcosa per me da parte loro.

Se mi dedicheranno qualche applauso, sarò contento.

Se invece saranno fischi, non cambierà nulla.

Niente e nessuno potrà mai pregiudicare l’amore che ho per quella gente”.